CONDIVIDI
Obsolescenza programmata

Nel terzo millennio la tecnologia ha raggiunto livelli prima inimmaginabili. Viviamo la nostra vita circondati da dispositivi tecnologici, che automatizzano un numero sempre maggiore di azioni che prima dovevamo svolgere manualmente. Col cellulare non parliamo quasi più, ma parliamo al cellulare: gli diamo comandi vocali, gli chiediamo cose e ne ascoltiamo le risposte. Diamo comandi vocali persino alla nostra auto. Dall’altro lato, la tecnologia ci aiuta a ricordarci degli impegni, della lista della spesa, ci aiuta a fare esercizio fisico e aumenta la nostra produttività nel lavoro.

Tutto questo, per dire che effettivamente non possiamo fare a meno di usare la tecnologia: ci sentiamo smarriti persino quando dimentichiamo il cellulare a casa o quando si scarica la batteria!

Le aziende che producono i dispositivi tecnologici che usiamo quotidianamente questo lo sanno e sviluppano continuamente nuove tecnologie che rendono obsolete le precedenti ad una velocità sempre maggiore.

Compatibilmente allo sviluppo di nuove tecnologie, le aziende hanno anche bisogno di vendere i loro prodotti più recenti.

Questo è il motivo per il quale assistiamo a campagne di marketing sempre più aggressive, con pubblicità che riceviamo praticamente attraverso tutti i canali, spesso per mezzo di quella stessa tecnologia che ci aiuta ogni giorno.

Ma se il marketing può bastare a creare un desiderio, non può creare una necessità. Per quanto desideriamo l’ultimo modello di smartphone, ad esempio, nessuno può costringerci a comprarlo, se quello precedente ancora funziona.

È qui che entra in gioco l’obsolescenza programmata.

L’obsolescenza programmata esiste?

Vediamo. Prima, però, un po’ di storia: nel 1924 diverse società produttrici di lampadine si riunirono nel cartello Phoebus e definirono uno standard a cui attenersi nella progettazione e produzione di lampadine. Tra le caratteristiche vi era anche la longevità della lampadina: mille ore. Raggiunto questo limite, sarebbe stato necessario sostituire la lampadina.

Soltanto nel 1953 la Corte Distrettuale del New Jersey dichiarò la General Electric e altre aziende del cartello Phoebus colpevoli di aver violato la normativa antitrust USA. Tuttavia, ancora oggi su molte lampadine in commercio è riportata la dicitura durata: 1000h.

Passando a tempi moderni, la Apple fu citata in giudizio nel 2003 per un motivo molto particolare: le batterie degli iPod avevano una longevità bassissima (intorno ai 18 mesi), eppure la stessa Apple non commerciava batterie di ricambio, costringendo le persone a comprare un nuovo iPod. La Apple non ammise mai alcuna colpa, ma pagò le spese legali a tutti coloro che avevano denunciato il fatto e rimborsò loro il denaro per l’acquisto di un nuovo iPod, pur senza che ci fosse alcuna sentenza a sancirlo.

L’obsolescenza programmata sta proprio in questo: non far sì che il prodotto si rompa irrimediabilmente, ma renderlo inutilizzabile.

Dunque si tratta di una possibilità concreta?

Effettivamente, molti possessori di iPhone, per citare ancora l’esempio di Apple, ma è un discorso che vale per tutte le compagnie, ancora lamentano che dopo circa un anno, compatibilmente con l’uscita di un nuovo modello, il loro telefono inizi a perdere colpi, sia in termini di velocità che di consumo della batteria, facendo sospettare che ci sia realmente qualcosa sotto.

Ma è veramente così? Business miliardari rischierebbero così grosso violando le leggi dell’antitrust? O in realtà il problema è da ricercare in altre cause?

Pensaci: ogni volta che aggiorni il firmware del tuo cellulare, del tuo tablet, o ogni volta che installi la nuova versione di un software o del sistema operativo del tuo computer stai potenziando le funzioni del tuo dispositivo.

Tuttavia, a programmi più potenti corrisponde un utilizzo maggiore delle risorse hardware. Cosa succede a questo punto?

Succede che aggiornamento dopo aggiornamento, la configurazione hardware del dispositivo in questione diventa sempre più insufficiente, fino al punto in cui non basta più a reggere il peso delle nuove tecnologie.

Allora dove sta la verità?

Nel mezzo, forse. C’è obsolescenza, questo è vero, ma possiamo affermare senza ombra di dubbio che nessuna azienda programma gli aggiornamenti dei propri software, dunque non c’è alcuna ragione di credere che tale obsolescenza sia programmata. Viviamo solo in un’epoca in cui il progresso corre molto veloce.


1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here