In questi giorni si parla molto di Momo, l’utente da incubo che ha invaso il mondo di Whatsapp generando CreepyPasta e spaventi tra gli utenti della celebre piattaforma di instant messaging.
Momo, altro non è che un utente rappresentato da una foto terrificante. Il numero in questione viene sfruttato per chiedere una catena di S.Antonio dove si invitano le malcapitate vittime a inviare contenuti horror ai loro contatti, pena la dannazione eterna.
Ecco che il web è letteralmente impazzito dietro al fenomeno horror, ideato da ignoti che ha mostrato le potenzialità virali di Whatsapp, scavalcando per la prima volta il web più classico.
Momo, si è rivelato essere un prodotto di un gruppo di utenti che hanno preso una spaventosa foto da una galleria d’arte giapponese e l’hanno trasformato in un incubo creepy ai livelli del leggendario Slender Man.
Quello che vogliamo analizzare però in questa sede, è ciò che questo episodio mette in mostra. Whatsapp, può essere considerato a tutti gli effetti una specie di nuova rete. Un sistema web parallelo che sfrutta altre meccaniche e si muove attraverso strutture come gruppi e semplici contatti. Momo, è riuscito a entrare in contatto per vie traverse con milioni di utenti a livello mondiale, registrando dei picchi in questi giorni in cui il tormentone è esploso dando vita a emulazioni e a nuovi Momo che non tarderanno sicuramente ad arrivare.
Un fenomeno interessante che apre una porta sulle possibilità di piattaforme come Whatsapp, incredibilmente diffuse e capaci di conseguenza di veicolare messaggi di ogni genere, sostituendosi con forza ai canali ufficiali a cui siamo abituati, oltre che ai nuovi media come le news sul web e in particolare quelle dei social.
Che il terrificante Momo abbia mostrato la strada maestra per il futuro del web e della diffusione di informazioni? Questo non possiamo dirlo, ci sarebbe però molto su cui riflettere.