Sono di fine settembre 2018 i risultati degli studi realizzati dall’Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano per quanto riguarda le Pubbliche Amministrazioni locali e da Unioncamere per le imprese italiane.
Risultati insoddisfacenti per il mondo open dal momento che emerge come, nonostante una legislazione che spinge verso la ridistribuzione di dati e la diffusione di tutte le informazioni non personali in modo pubblico e aperto, gli open data in Italia stentino a decollare, finendo scarsamente utilizzati e non rilasciati in rete.
Tra i vari comuni solo uno su tre pubblica i dati in formato open, la diffusione dei dati poi viene percepita come un fastidioso obbligo anziché una opportunità.
Ed ecco che troviamo l’80% dei Comuni che afferma di non riscontrare alcun beneficio dalla pubblicazione degli open data. Il 55% li considera totalmente inutili per la crescita del territorio e per lo sviluppo. Un problema culturale, legato anche alla scarsa preparazione e alla mancanza di conoscenza della realtà da parte di chi lavora negli enti pubblici. Realtà ormai passate popolate da persone con una informatizzazione bassissima, legata strettamente alle più semplici operazioni.
Differente è la situazione nel più avanzato mondo aziendale che vede il 77% delle imprese manifatturiere considerare strategico l’uso dei dati. Il lavoro da fare è davvero tanto, e sarà probabilmente necessario attendere il passaggio del testimone tra la vecchia classe della PA, e nuove menti più brillanti e capaci, in grado di capire le potenzialità del mondo informatico, e l’incredibile potenza, oltre che il valore economico degli Open Data, ricchezza del futuro e anche attuale, per chi sarà in grado di elaborarli e sfruttarli a dovere.
Un problema che andrà sicuramente risolto, per non bruciare una grande opportunità e restare indietro rispetto al panorama mondiale.
Gli Open Data sono una risorsa gratuita che potrebbe trasformarsi in una ricchezza da miliardi di euro.