Che i big data fossero destinati a diventare una pericolosa arma era abbastanza chiaro fin dagli albori. Oggi la cosa viene confermata anche dal Washington Post dopo il caso del vescovo americano Jeffrey Burrill, costretto a dimettersi per frequentazioni personali emerse da una app, ufficialmente anonima.
La morsa digitale sembra iniziare a stringersi e le tonnellate di dati raccolti per praticamente decenni, aver creato profili accurati di ogni singolo utente, con tanto di spostamenti, frequentazioni e spese fatte online e offline.
“E’ la prima volta, che io sappia, che un’entità giornalistica traccia una specifica persona e usa le informazioni raccolte come arma – spiega Bennett Cyphers, della Electronic Frontier Foundation, che si occupa di diritti digitali.
I dati raccolti dalle app e venduti a terze parti, non sono così anonimi come promessi e le abitudini degli utenti, i loro interessi e i loro movimenti tracciati con la geolocalizzazione, sono dominio di terze parti, per persone eminenti, anche dei giornali.
Il risultato è un brusco risveglio digitale. Tutti i contratti di utilizzo che abbiamo approvato nel corso degli anni, mostrano di fatto la loro pericolosità con informazioni personali che possono essere vendute a chiunque e utilizzate anche per rubare password e identità.
I dati sensibili dovrebbero esser cancellati, ma questo regolarmente non accade.
Tra serve groviera, dati raccolti in chiaro sui server dei colossi tech, i big data potrebbero essere un grosso problema da affrontare nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Proprio l’assenza di privacy e la raccolta indiscriminata di informazioni personali potrebbero essere il punto di collasso della rete e portare a una fuga dal web milioni di utenti nei prossimi anni.
La sensazione infatti, è che siamo solo all’inizio dei problemi di privacy e sicurezza che arriveranno nei prossimi mesi. I colossi tech e le app affamate di dati, hanno rovinato in poco tempo il web.