Ogni volta che scarichiamo una applicazione, facciamo un acquisto online o magari ci iscriviamo a un servizio, ci ritroviamo a trasmettere dei dati, i così detti open data. La mole di dati prodotti da ogni individuo è davvero enorme e viene inviata ad aziende private così come a enti pubblici. Il più delle volte gli open data sono sfruttati a scopo pubblicitario, sia per creare prodotti ad hoc per l’utenza, che per studiare a popolazione, le sue scelte politiche e i suoi gusti. Un vero pericolo per la privacy e per la democrazia quello dei fascicoli personali a cui diamo vita semplicemente utilizzando il web, un elemento dannoso che potrebbe però essere sfruttato in modo alternativo, magari per aiutare la popolazione.
E’ proprio questa l’idea dei fondatori di EHub Torino, rete che si pone l’obiettivo di diffondere sul territorio le informazioni relative alle potenzialità degli open data.
«Vogliamo creare un confronto tra le organizzazioni che raccolgono i dati – dice Alessandro Nasi, co-fondatore di EHub Torino – per capire come le utilizzano. Il nostro obiettivo è capire come questi dati possano essere impiegati per migliorare i servizi offerti ai cittadini. Per questa ragione abbiamo invitato i rappresentanti delle partecipate del Comune».
L’idea è quella di strappare i dati dalle mani delle aziende che puntano a sfruttarli a fini di lucro e utilizzarli invece per facilitare la vita del cittadino. Magari come dati campione per capirne le esigenze o utilizzandoli invece per la creazione di nuovi progetti e di idee con fini ecologici e di risparmio.
Gli esempi in Europa non mancano, bisogna vedere come il nostro paese reagirà alla proposta e se l’innovazione, di solito lenta e male accolta qua da noi, riuscirà ad avere la meglio.
Naturalmente il punto imprescindibile che viene posto da EHub è la protezione della privacy degli utenti che non dovrà essere violata in alcun modo, come accaduto invece nei recenti scandali legati a Facebook.