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Un supercomputer, nel corso di un piano i studi sui misteri del cosmo, basato sulle simulazioni computerizzate ha creato miliardi di universi possibili.

Il supercomputer Ocelote si è trasformato per l’occasione in un “UniverseMachine”, capace di calcolare l’assemblamento di una infinità di miniuniversi.

Il team ha elaborato una simulazione che contiene elementi reali del nostro universo per poi lasciare lavorare il supercomputer nella creazione di nuovi.

Viene da pensare a serie come Fringe e universi paralleli di fronte alle creazioni della macchina che sta fabbricando incessantemente diverse possibilità e ipotesi.

Sul computer, possiamo creare molti universi diversi e confrontarli con quello reale“, spiega uno dei ricercatori, Peter Behroozi dell’Università dell’Arizona. “Questo ci consente di dedurre quali regole hanno portato a quello che vediamo.

La strategia potrebbe portare a comprendere come il nostro universo si sia sviluppato.

Alcune lacune però inficiano il lavoro.

Nello specifico, il computer si basa sui dati che abbiamo, basati a loro volte su teorie e non su certezze.

Un minimo errore nelle nostre teorie, in continua discussione, potrebbe portare di conseguenza a gravi errori di calcolo e nullificare il lavoro del povero cervellone elettronico.

Questa elaborazione potrebbe però mostrare le lacune del sistema scientifico e dare vita a nuove tesi e teorie più competenti.

Non è la prima volta che viene utilizzata una macchina incredibilmente potente per realizzare questo tipo di elaborazioni.

Lo studio dell’universo infatti, sembra necessitare di ipotesi simulate, capaci in certi casi di dimostrare elementi in modo maggiore a esperimenti pratici come quelli eseguiti al CERN di Ginevra, dove attraverso un acceleratore di particelle, stiamo cercando di ricreare in scala superridotta la nascita di universi e corpi fisici.

Staremo a vedere che cosa riuscirà a generare il supercomputer nel suo periodo di lavoro.

Di sicuro però, ci sono le basi per racconti di fantascienza e storie degne di Borges e di Philip K. Dick.


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