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Facebook fake

Di sicuro non è il periodo migliore per il social di Zuckerberg, ecco che di recente, come comunica direttamente l’azienda sono stati sospesi ben mezzo miliardo di account fasulli in un periodo di tempo di soli tre mesi.

Il social di Zuckerberg sta cercando di riguadagnare immagine e far dimenticare gli scandali recenti che spaziano da Analytics al polverone legato alle fake news e alla loro influenza sulle elezioni mondiali.

Il social sta provando a riportare la sua piattaforma a una situazione tollerabile, che si allontani da frodi e contenuti inappropriati, oltre che assolutamente sicura per minori e adolescenti.

Secondo quanto comunicato, in un semplice trimestre Facebook ha bloccato 837 milioni di messaggi di spam, 583 mila account fake, 21 milioni fotografie che violavano il regolamento e 2,5 milioni di messaggi d’odio.

Tutto questo lavoro è stato svolto, sia dagli ingegneri dell’azienda che da importanti IA che stanno diventando una fonte di controllo sempre più potente nelle mani della compagnia.

Naturalmente la componente automatizzata ha le sue falle e spesso non riesce a intervenire come dovrebbe, nell’impossibilità di un controllo costante da parte di un utente umano però i bot sono riusciti a rimuovere una gran quantità di materiale che sarebbe rimasto altrimenti presente e visibile a tutti.

Facebook cerca quindi di riguadagnare la faccia. Tutto questo pare avvenire inoltre solo per media e investitori, gli utenti infatti, non sembrano aver cambiato di una virgola le loro abitudini. Questa “immunità” agli scandali e lo scarso interesse per l’utilizzo che viene fatto dei loro dati privati, darà sicuramente da pensare alla piattaforma, magari proponendo contratti e agreements che trasformino operazioni prima illegali in attività lecite.

Sembra infatti che la lotta per la privacy e per l’utilizzo corretto dei nostri dati sia diventata un’etichetta di giornali e attivisti, circondati dall’assordante silenzio dei diretti interessati. Un situazione questa, che dovrebbe far preoccupare.


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