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Il mercato dei dati, la cosiddetta ‘data economy’ potrebbe portare all’Italia almeno 50 miliardi di euro, il 2,8% del Pil.

L’Italia produce il 20% dei dati europei, ma utilizza solo il 10% del suo potenziale a livello di business.

È quanto emerge da un’analisi presentata nella seconda giornata dell’Ey Capri Digital Summit “A New Brave World”.

Lo studio, realizzato da Ey assieme a ICT consulting mostra le priorità e le necessità di intervento per le PMI.

“È prioritario fare investimenti mirati, sfruttando anche le opportunità offerte dal Recovery Fund, per accelerare l’evoluzione e l’estensione delle infrastrutture digitali, che consentirebbero di recuperare competitività a livello europeo e superare il digital divide, e per accrescere la cultura tecnologica di imprese e cittadini”, spiega il Med Consulting and People Advisory Services Leader di Ey, Donato Ferri.

L’Italia ha una grande potenzialità dal lato dati, deve solo trovare modi intelligenti per sfruttarli e renderli redditizi.

Un mercato dormiente che potrebbe quindi portare a una crescita economica altrettanto importante.

Fondamentale sarà però la gestione trasparente e sicura delle informazioni, spesso trascurata, soprattutto dai colossi del settore.

L’economia si fa quindi sempre più digitale e complessa, mostrando strade un tempo impensabili che aprono lo spazio a nuove figure professionali e a nuove occasioni.

In un’epoca come questa, i dati possono avere un valore monetario impressionante, a patto che si mantenga la controparte interessata ai dati, quella del commercio e delle imprese.

L’evoluzione tecnologica del paese potrebbe però essere una grande opportunità, almeno momentanea per una crescita in un momento di crisi.

Resta da capire se il modello digitale sia una strada giusta e sicura, viste le grandi criticità che nasconde sia a livello culturale che di vera e propria esposizione a rischi e pericoli dei sistemi iperconnessi.

Nei prossimi anni, vedremo la direzione che prenderanno il mondo dei big data e la sua gestione.


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