Un nuove polemica si apre sul fronte web.
Questa volta si parla di gender e assistenti virtuali.
Secondo alcune testate, così come esperti del settore, voci come quella di Alexa e Siri porterebbero a un’immagine sbagliata della donna.
Una visione maschilista che vede la donna “segretaria” dell’utente, assistente passiva e in qualche modo serva robotica.
Ed ecco che entra in campo l’Unesco a richiamare gli stessi creatori e sensibilizzarli sulla questione.
Secondo fonti Unesco infatti, le voci femminili, che possono essere comunque modificate in maschili, sono in qualche modo discriminatorie.
La scelta di dare nomi femminili poi, segue uno stereotipo di servitù che non è piaciuta ad attivisti e rappresentanti della lotta gender.
“Macchine passivamente obbedienti con voci di donne entrano nelle nostre case, nelle nostre auto e nei nostri uffici. La loro sottomissione influenza come la gente reagisce alle voci femminili e come le donne rispondono a richieste e si esprimono”, spiega Saniye Gülser Corat, direttore della parità di genere all’Unesco.
Unesco chiede quindi un cambio di rotta ufficiale alle varie aziende.
In particolar modo vengono richieste voci Gender Neutral come Q, una recente creazione che potrebbe influenza il futuro degli assistenti robotici.
La questione, nata come una polemica web è cresciuta a dismisura fino a mettere in difficoltà le stesse società che producono strumentazione elettronica.
Le future IA dovranno quindi adeguarsi a standard differenti per poter sopravvivere in un mondo che cerca sempre di più di abbattere il concetto di genere e spingere quello di persona, senza caratterizzazioni che vadano al di fuori delle sue qualità e delle sue azioni.
La visione negativa della donne data dagli assistenti virtuali è diventata una tematica importante sul web e nei giornali mondiali.
Con l’annuncio dell’Unesco poi, la questione è entrata definitivamente in agenda.
Staremo a vedere in che modo reagiranno i colossi del settore e se aggiornamenti gender neutral sono in arrivo per SIRI e gli altri.
